Lettera a Lollo.

Tu lo sai, caro Lollo, cosa significa passare un mese caldo come agosto in ospedale. L’avevi fatto tante volte. Ormai ci eri quasi abituato. Il reparto del Gemelli è stato spesso la tua seconda casa, anche durante l’estate, come una seconda casa delle vacanze. E ti ci rifugiavi senza paura. Al contrario ne eri sollevato, a volte. Perché quei medici erano gli unici in grado di alleggerire il peso di quegli odiosi mal di testa. Ed è proprio in un giorno di agosto che te ne sei andato. Oggi, infatti, sono due anni che hai traslocato. A lungo sei stato “indeciso”; poi hai optato per il paradiso. Quello vero. Quello con la P maiuscola. Lo hai fatto dopo che ti sei convinto che tutti questi angeli che avevi incontrato qui, sulla terra, erano messaggeri di un mondo migliore. Gli angeli tu avevi imparato a riconoscerli. Si nascondevano dietro i sorrisi coinvolgenti delle infermiere e dei dottori. Ma anche dietro il premuroso aggrottare della fronte di mamma Severina. Come anche si nascondeva dietro lo sguardo solare e rassicurante di tua sorella Giulia. Per non dire poi di quanta fatica faceva per non farsi riconoscere l’angelo goffo e maldestro che si celava dietro la simpatia di tuo padre. Maurizio ci provava a fare il burbero. Così tanto per confondere le acque. Tu però immancabilmente lo smascheravi. E glielo dicevi pure. Con parole magari colorite e gergali. Scegliendo anche tu, insomma, un linguaggio cifrato. Però glielo dicevi. “Guarda papà che l’ho capito che sei una persona speciale”. Noi altri, noi che adesso tentiamo di renderci utili assistendo la “macchina da guerra” messa in piedi sempre da Maurizio, noi lo abbiamo potuto capire soltanto il 25 agosto di due anni fa. Solo allora abbiamo capito. Solo allora ci siamo resi conto che Maurizio e Severina non si accontentavano di rendere la tua momentanea permanenza sulla terra una sorta di piccolo paradiso terrestre. No. Hanno voluto proteggere noi tutti dal disagio di osservare un dolore e una pena infinita. Non ci hanno detto niente. Ci hanno riempito di attenzioni e simpatia senza dirci niente. Per loro era sufficiente che noi mostrassimo affetto e simpatia per il loro gioiello più prezioso proprio perché più fragile (non ce ne voglia Giulia per questa definizione). Sapevamo bene che di tempo, dopo la tua partenza,ce ne sarebbe stato a sufficienza per imparare a comprendere cosa è stata la tua stella, cosa ha rappresentato per noi tutti la tua breve ma irripetibile parabola. La prima cosa che abbiamo imparato - ormai lo possiamo confessare con assoluta sicurezza - è che la gioia di vivere non viene distribuita col contagocce. Soprattutto a chi ne merita molta e di molta ha bisogno. Tu eri un campione in questo. Avevi una allegria e una forza vulcanica. A dir poco esplosiva. Non ti fermavi mai un momento. Magari tu stesso non te ne rendevi conto ma eri contagioso. Ci infettavi tutti col buonumore, certo non con il dolore. E il miracolo è stato proprio questo. Il miracolo di un ragazzo che solo per le cartelle cliniche era molto malato. I suoi occhi invece avevano convinto il mondo intero - quello che rimaneva fuori dalla porta del reparto - che non solo eri sano ma che la tua salute era a dir poco contagiosa. Che la tua risata - forte, piena, di pancia - era virale. E non risparmiava nessuno. Da quel 25 agosto di tempo ne è passato molto. O forse non è passato affatto. Noi stessi siamo indecisi se pensare una cosa o l’altra. Però se poi ci guardiamo indietro e proviamo a mettere in fila tutte le cose che la Lollo 10 ha fatto in questo lasso di tempo “in tuo nome”, allora ci sembra di aver trascorso secoli a far del bene e a restituire, sebbene col contagocce, quell’amore e quella simpatia che tu ci hai regalato con la generosità di un re. Ciao Lollo.